“Alma mater. Storie di transumanza, pascoli e vie erbose” offre ai visitatori non solo la possibilità di ammirare gli scatti sulla transumanza delle vacche di razza Podolica ma anche di trasferirsi virtualmente sulla murgia, grazie a suoni tipici riprodotti in loop del pascolo e del cammino delle podoliche transumanti, che ogni anno percorrono strade e sentieri tra la Murgia di Matera e l’Appennino Lucano. All’inaugurazione ha partecipato anche l’assessore comunale Paola D’Antonio.
Una mostra multimediale, fotografica e sonora, quella che propone l’artista materana nella Galleria Studio Arti Visive, luogo privilegiato della cultura materana diretto dall’ artista materano Franco Di Pede.

Teresa Lupo, che non si definisce una fotografa amatoriale ma un’artista che predilige il disegno, ha svelato attraverso questo lavoro le sue esperienze artistiche legate al paesaggio e alle attività rurali. L’allestimento della mostra è stato reso possibile grazie al contributo di aziende agricole del materano e di CIA Basilicata.

“In Italia – sottolinea Cosimo Gaudiano, responsabile Agia-CIA Matera – si è rinnovato l’interesse per l’economia agricola e la cultura rurale, complici la riscoperta del valore dei paesaggi modellati dalle mille “agriculture” nazionali e il ricambio generazionale alla conduzione di terreni e imprese. Parallelamente fioriscono i tentativi descrittivi e artistici di identificare i nuovi rapporti tra le città e le campagne, con le contraddizioni e le opportunità. La transumanza di greggi e mandrie è ancora praticata rivelando la sua adattabilità e flessibilità nel tempo, nonostante la sua scomparsa più volte prevista. Essa diventa così archetipo della fusione tra elementi strutturali moderni con il mondo rurale apparentemente immutabile, strade moderne asfaltate e l’accesso del pastore a pascoli in luoghi ancestrali tramandatisi tra le generazioni. Le visioni fotografiche – aggiunge Gaudiano – espongono questa amalgama e ci stimolano a immaginare nuovi usi e inserimenti per elementi concepiti per essere estranei al delicato e forte tessuto paesaggistico italiano. Si rende così possibile l’attualizzazione e la salvaguardia di questo pezzo di cultura contadina da abbandono e appassimento definitivo.”