C’è il forte timore che l’operazione taglio fondi, possa tradursi in una semplice sottrazione di risorse alle Regioni per dirottarle sotto l’ombrello del governo centrale e destinarle, per esempio, a coprire i costi delle misure che stanno a cuore ai due partiti di governo (pensioni, reddito di cittadinanza, flat tax).A Matera in occasione della Riunione annuale per il riesame dei programmi, il capo del Dipartimento programmazione e sviluppo di Palazzo Chigi, Ferdinando Ferrara, e il neo direttore dell’Agenzia per la Coesione, Antonio Caponetto, hanno incontrato le autorità di gestione di Por e Pon per illustrare la richiesta presentata a Bruxelles e dare indicazioni operative dal momento che la decisione dovrà essere presa in tempi stretti.
Hanno tempo fino al 15 ottobre le regioni e i ministeri che vogliono avvalersi della possibilità di ridurre il cofinanziamento nazionale dei programmi operativi 2014-2020 che beneficiano di fondi strutturali europei. La Commissione europea ha dato il via libera alla richiesta avanzata formalmente a metà settembre dal governo italiano.
La riduzione del cofinanziamento nazionale dei Pon e dei Por, nelle intenzioni del governo, ha l’obiettivo di ridurre i rischi di disimpegno automatico alla fine di quest’anno per le regioni e i ministeri che non avranno raggiunto il target intermedio di spesa. Il meccanismo è identico a quello utilizzato nel 2012 dall’allora ministro Fabrizio Barca (anche se era stato impostato dal suo predecessore, Raffaele Fitto) che riguardò complessivamente 11,9 miliardi di euro assegnati al Pac, il Piano di azione e coesione.
La richiesta presentata dal Governo alla Ue ha spiazzato molte regioni che sono in regola con i tempi o che hanno bandi e progetti in fase avanzata di attuazione per i quali da qui a fine anno confidano di poter rendicontare importi sufficienti a raggiungere i rispettivi obiettivi di spesa ed evitare il disimpegno dei fondi. Per molte i benefici sarebbero quasi irrilevanti.